L'AMIANTIFERA

Una svolta si ebbe a partire dal 1950, quando il pacchetto azionario venne ceduto dall’I.R.I. al gruppo "Manifatture Colombo" ed "Eternit". Conseguentemente al cambiamento di proprietà nel 1951, venne costituita una nuova società :l’"Amiantifera di Balangero S.p.A.", dal capitale sociale di L. 1.000.000. Tale società venne formata da un abile industriale bergamasco, Rinaldo Colombo, il quale la presediette per oltre trent’anni e la porto a vertici mai raggiunti dalla proprietà della Soc. Cave di San Vittore.

Tecnicamente, il passaggio dalla Soc. Cave di San Vittore all’Amiantifera di Balangero avvenne a seguito di formale delibera del 29 marzo 1951, da parte della Soc. Cave di San Vittore, di concentrare nell’amiantifera di Balangero tutte le proprie attività e passività inerenti il processo produttivo per la ricerca e l’estrazione dell’amianto, per la concorrenza di un saldo di L. 199.000.000.

Conseguentemente, l’Amiantifera di Balangero deliberò di addivenire alla concentrazione, mediante un aumento di capitale da L. 1.000.000 a L. 200.000.000, con l’emissione di 199.000 azioni da L.1.000, da assegnarsi alla società concentrante.

Tale concentrazione venne posta effettivamente in atto dal 1 giugno 1952, allorché venne disposto che la Soc. Cave di San Vittore svolgesse una funzione puramente commerciale ed avesse il mandato di esclusiva incaricata per la vendita.

Col cambiamento societario cambiò anche il "team" direttivo. Amministratore delegato fu nominato l’ing. Robert Fourmanoit, già consigliere delegato dell’Eternit, anch’egli destinato a dirigere la Società per moltissimi anni ; direttore amministrativo il rag. Pio Massarini ; direttore tecnico fu confermato l’ing. Giovanni Berrino.

Nel 1954, in conseguenza della messa in liquidazione della Società Cave di San Vittore, venne stipulato un contratto di rappresentanza con la "Mineraria Italiana S.q.r.l." di Milano, già subagente della Soc. Cave di San Vittore. La nuova gestione mostrò subito le sue potenzialità. Vi fu un aumento del capitale sociale nel 1955 da 200 a 600 milioni, aumento che consentì di chiudere il bilancio con un attivo di L. 149.216.000.

Nel 1957 l’azienda dispose di 278 operai e di 24 impiegati, con punte di produzione di 150 tonnellate al giorno ; si ebbero vendite per L. 1.081.740.923 e la disponibilità liquida fu di 100 milioni.

Già dal 1950 era emersa la necessità di modificare il sistema di coltivazione. Il "glory hole" era ormai assolutamente inadeguato : i vari pozzi ad imbuto tendevano a compenetrarsi l’un l’altro e, proprio a causa di questa conformazione, gli sforzi operati per ottenere della roccia non bagnata erano risultati tutti vani. Dopo otto lunghi anni di lavori si ottenne quindi, nel 1958, l’attuale configurazione, cioè quella di una grande cava a semi anfiteatro, a gradoni sovrapposti alti 14 metri.

La roccia veniva abbattuta in un primo tempo solo mediante cariche esplosive, successivamente con le potenti macchine dette "rippers" ed il trasporto del materiale era effettuato tramite nastri trasportatori ed autocarri in sostituzione del precedenti trenini.

Dal 1 gennaio 1959 divenne operante un comitato tecnico ristretto, di cui facevano parte gli ingegneri : Capannucci, Fourmanoit, Cava, Marchioli e Paroletti, allo scopo di seguire attentamente e molto da vicino i problemi tecnici di produzione, effettuando riunioni a cadenza mensile. Vennero altresì vietate le visite di tecnici di altre cave a Balangero, poiché, in conseguenza di tali sopralluoghi, si erano riscontrati dei miglioramenti nella produzione della concorrenza.

Sempre nello stesso anno si impegnarono L. 46.635.000 per lavori di sistemazione ed innovazione degli impianti ; mentre sul fronte finanziario, conseguentemente ad un attivo, per il 1958, di L. 59.073.079, vennero consegnati agli azionisti dividendi pari a L. 250 per azione.

Nella linea di ottimizzazione della produzione, condotta dalla direzione, rientrò anche lo sfruttamento del materiale povero, cioè delle polveri d’amianto. Si approfittò pertanto dell’aumentata richiesta da parte del mercato per smaltire una grande quantità di polveri, utilizzata per lo più come "filler" nei conglomerati bituminosi ed impiegata dalle industrie italiane di "Floor-Tiles".

Per dare un’idea della dimensione raggiunta dall’azienda è sufficiente il dato relativo alla quantità di roccia lavorata nel 1961 : 1.300.000 tonnellate.

Nel 1962 l’ing. . Berrino lasciò la direzione tecnica ; al suo posto venne nominato l’ing. Emidio Angellotti, già vicedirettore . Sotto la sua direzione l’Amiantifera toccò vertici di produzione e fatturato mai raggiunti. Poiché i produttori canadesi si presentavano sul mercato con prezzi di vendita in riduzione, mentre le previsioni di lavoro in cava a Balangero prevedevano sempre maggiori costi, dovuti essenzialmente alla necessità di aumentare costantemente lo sbancamento degli sterili, si decise, per ridurre i costi, di puntare sulle installazioni automatiche, in particolare relativamente all’insaccatura e all’imballo.

Era infatti questo il reparto dove maggiori erano i rischi per la salute dei lavoratori, i quali, dovendo riempire manualmente i sacchi (prima di juta, poi di carta, infine di materiale plastico) si trovavano direttamente esposti alla probabilità di inalare fibre d’amianto.

La somma, quindi, di diverse esigenze : migliorare le condizioni di igiene ambientale, abbassare i costi mantenendo alto il livello di produzione e ridurre il carico della manodopera, spinsero la Società a progettare e realizzare compiutamente nell’arco di sei sette anni l’automazione degli impianti. Nel 1966 infatti venne inaugurato l’impianto automatizzato della sezione "66/G2", destinata a produrre 25.000 tonnellate all’anno di fibre di tutti i tipi, mentre alla fine del 1967 entrò in funzione il frantoio mobile, in grado, spostandosi su tutto il fronte di abbattimento, di effettuare sul posto la prima frantumazione della roccia.

Nel 1970 venne installato l’impianto di insilamento di tutte le fibre prodotte, con il risultato di ridurre drasticamente la polverosità ambientale. Anche il problema della pulitura delle macchine fino ad allora effettuato mediante soffi di aria compressa, venne risolto con un impianto centralizzato di aspirazione con filtro collegato ad una rete di tubazioni che si diramavano verso le diverse macchine.

Gli sforzi fatti dall’azienda produssero pertanto i loro frutti : le esportazioni aumentarono del 50%, l’attivo di bilancio passò dai 54.000.000 del 1963 ai 605.000.000 del 1976.

Dunque, durante la proprietà dell’Eternit e della Società Mineraria Italiana (della quale il comm. Colombo era amministratore unico) e sotto la lunghissima presidenza dello stesso Rinaldo Colombo, deceduto nel 1982, l’Amiantifera di Balangero S.p.A. si consolidò e raggiunse un alto livello tecnologico. Nel 1983 la Società venne acquistata dai fratelli Puccini di Roma da allora ebbe inizio un declino irreversibile, culminato nel 1990 con la dichiarazione di fallimento.

La cronaca degli ultimi sette anni di vita dell’Amiantifera è ora fra le carte del curatore fallimentare, mentre sono da poco iniziati (1995) i primi interventi previsti nel progetto di bonifica dell’area su cui insiste la cava. Per quanto riguarda invece la sua futura destinazione, mi permetto di volgere l’auspicio che si voglia far rivivere l’Amiantifera realizzando in essa un bel museo di archeologia industriale, sicuramente unico nel suo genere.

Daniela Caffaratto : "L'amiantifera di Balangero"

da "Miscellanea di studi storici sulle Valli di Lanzo"

Società Storica delle Valli di Lanzo, 1996

Una svolta si ebbe a partire dal 1950, quando il pacchetto azionario venne ceduto dall’I.R.I. al gruppo "Manifatture Colombo" ed "Eternit". Conseguentemente al cambiamento di proprietà nel 1951, venne costituita una nuova società :l’"Amiantifera di Balangero S.p.A.", dal capitale sociale di L. 1.000.000. Tale società venne formata da un abile industriale bergamasco, Rinaldo Colombo, il quale la presediette per oltre trent’anni e la porto a vertici mai raggiunti dalla proprietà della Soc. Cave di San Vittore.

Tecnicamente, il passaggio dalla Soc. Cave di San Vittore all’Amiantifera di Balangero avvenne a seguito di formale delibera del 29 marzo 1951, da parte della Soc. Cave di San Vittore, di concentrare nell’amiantifera di Balangero tutte le proprie attività e passività inerenti il processo produttivo per la ricerca e l’estrazione dell’amianto, per la concorrenza di un saldo di L. 199.000.000.

Conseguentemente, l’Amiantifera di Balangero deliberò di addivenire alla concentrazione, mediante un aumento di capitale da L. 1.000.000 a L. 200.000.000, con l’emissione di 199.000 azioni da L.1.000, da assegnarsi alla società concentrante.

Tale concentrazione venne posta effettivamente in atto dal 1 giugno 1952, allorché venne disposto che la Soc. Cave di San Vittore svolgesse una funzione puramente commerciale ed avesse il mandato di esclusiva incaricata per la vendita.

Col cambiamento societario cambiò anche il "team" direttivo. Amministratore delegato fu nominato l’ing. Robert Fourmanoit, già consigliere delegato dell’Eternit, anch’egli destinato a dirigere la Società per moltissimi anni ; direttore amministrativo il rag. Pio Massarini ; direttore tecnico fu confermato l’ing. Giovanni Berrino.

Nel 1954, in conseguenza della messa in liquidazione della Società Cave di San Vittore, venne stipulato un contratto di rappresentanza con la "Mineraria Italiana S.q.r.l." di Milano, già subagente della Soc. Cave di San Vittore. La nuova gestione mostrò subito le sue potenzialità. Vi fu un aumento del capitale sociale nel 1955 da 200 a 600 milioni, aumento che consentì di chiudere il bilancio con un attivo di L. 149.216.000.

Nel 1957 l’azienda dispose di 278 operai e di 24 impiegati, con punte di produzione di 150 tonnellate al giorno ; si ebbero vendite per L. 1.081.740.923 e la disponibilità liquida fu di 100 milioni.

Già dal 1950 era emersa la necessità di modificare il sistema di coltivazione. Il "glory hole" era ormai assolutamente inadeguato : i vari pozzi ad imbuto tendevano a compenetrarsi l’un l’altro e, proprio a causa di questa conformazione, gli sforzi operati per ottenere della roccia non bagnata erano risultati tutti vani. Dopo otto lunghi anni di lavori si ottenne quindi, nel 1958, l’attuale configurazione, cioè quella di una grande cava a semi anfiteatro, a gradoni sovrapposti alti 14 metri.

La roccia veniva abbattuta in un primo tempo solo mediante cariche esplosive, successivamente con le potenti macchine dette "rippers" ed il trasporto del materiale era effettuato tramite nastri trasportatori ed autocarri in sostituzione del precedenti trenini.

Dal 1 gennaio 1959 divenne operante un comitato tecnico ristretto, di cui facevano parte gli ingegneri : Capannucci, Fourmanoit, Cava, Marchioli e Paroletti, allo scopo di seguire attentamente e molto da vicino i problemi tecnici di produzione, effettuando riunioni a cadenza mensile. Vennero altresì vietate le visite di tecnici di altre cave a Balangero, poiché, in conseguenza di tali sopralluoghi, si erano riscontrati dei miglioramenti nella produzione della concorrenza.

Sempre nello stesso anno si impegnarono L. 46.635.000 per lavori di sistemazione ed innovazione degli impianti ; mentre sul fronte finanziario, conseguentemente ad un attivo, per il 1958, di L. 59.073.079, vennero consegnati agli azionisti dividendi pari a L. 250 per azione.

Nella linea di ottimizzazione della produzione, condotta dalla direzione, rientrò anche lo sfruttamento del materiale povero, cioè delle polveri d’amianto. Si approfittò pertanto dell’aumentata richiesta da parte del mercato per smaltire una grande quantità di polveri, utilizzata per lo più come "filler" nei conglomerati bituminosi ed impiegata dalle industrie italiane di "Floor-Tiles".

Per dare un’idea della dimensione raggiunta dall’azienda è sufficiente il dato relativo alla quantità di roccia lavorata nel 1961 : 1.300.000 tonnellate.

Nel 1962 l’ing. . Berrino lasciò la direzione tecnica ; al suo posto venne nominato l’ing. Emidio Angellotti, già vicedirettore . Sotto la sua direzione l’Amiantifera toccò vertici di produzione e fatturato mai raggiunti. Poiché i produttori canadesi si presentavano sul mercato con prezzi di vendita in riduzione, mentre le previsioni di lavoro in cava a Balangero prevedevano sempre maggiori costi, dovuti essenzialmente alla necessità di aumentare costantemente lo sbancamento degli sterili, si decise, per ridurre i costi, di puntare sulle installazioni automatiche, in particolare relativamente all’insaccatura e all’imballo.

Era infatti questo il reparto dove maggiori erano i rischi per la salute dei lavoratori, i quali, dovendo riempire manualmente i sacchi (prima di juta, poi di carta, infine di materiale plastico) si trovavano direttamente esposti alla probabilità di inalare fibre d’amianto.

La somma, quindi, di diverse esigenze : migliorare le condizioni di igiene ambientale, abbassare i costi mantenendo alto il livello di produzione e ridurre il carico della manodopera, spinsero la Società a progettare e realizzare compiutamente nell’arco di sei sette anni l’automazione degli impianti. Nel 1966 infatti venne inaugurato l’impianto automatizzato della sezione "66/G2", destinata a produrre 25.000 tonnellate all’anno di fibre di tutti i tipi, mentre alla fine del 1967 entrò in funzione il frantoio mobile, in grado, spostandosi su tutto il fronte di abbattimento, di effettuare sul posto la prima frantumazione della roccia.

Nel 1970 venne installato l’impianto di insilamento di tutte le fibre prodotte, con il risultato di ridurre drasticamente la polverosità ambientale. Anche il problema della pulitura delle macchine fino ad allora effettuato mediante soffi di aria compressa, venne risolto con un impianto centralizzato di aspirazione con filtro collegato ad una rete di tubazioni che si diramavano verso le diverse macchine.

Gli sforzi fatti dall’azienda produssero pertanto i loro frutti : le esportazioni aumentarono del 50%, l’attivo di bilancio passò dai 54.000.000 del 1963 ai 605.000.000 del 1976.

Dunque, durante la proprietà dell’Eternit e della Società Mineraria Italiana (della quale il comm. Colombo era amministratore unico) e sotto la lunghissima presidenza dello stesso Rinaldo Colombo, deceduto nel 1982, l’Amiantifera di Balangero S.p.A. si consolidò e raggiunse un alto livello tecnologico. Nel 1983 la Società venne acquistata dai fratelli Puccini di Roma da allora ebbe inizio un declino irreversibile, culminato nel 1990 con la dichiarazione di fallimento.

La cronaca degli ultimi sette anni di vita dell’Amiantifera è ora fra le carte del curatore fallimentare, mentre sono da poco iniziati (1995) i primi interventi previsti nel progetto di bonifica dell’area su cui insiste la cava. Per quanto riguarda invece la sua futura destinazione, mi permetto di volgere l’auspicio che si voglia far rivivere l’Amiantifera realizzando in essa un bel museo di archeologia industriale, sicuramente unico nel suo genere.

Daniela Caffaratto : "L'amiantifera di Balangero"

da "Miscellanea di studi storici sulle Valli di Lanzo"

Società Storica delle Valli di Lanzo, 1996



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